Esami di laboratorio e strumentali

Aspetti neuroradiologici

Sono fondamentalmente tre le caratteristiche neuroradiologiche della Sindrome: la presenza di calcificazioni cerebrali, le anomalie della sostanza bianca e l’atrofia cerebrale. 
Le calcificazioni cerebrali (accumuli di calcio) sono in genere localizzate bilateralmente nei gangli della base, in particolare nel pallido, nel putamen, nel nucleo caudato, spesso nei nuclei dentati del cervelletto e sovente anche nella sostanza bianca frontale e parietale, tuttavia possono essere presenti in sedi meno comuni come a livello della sostanza bianca periventricolare o a livello della corteccia cerebrale. Le calcificazioni possono essere puntate, ma anche più grandi e confluenti. È possibile che non siano presenti all’esordio della sintomatologia e che si sviluppino nel tempo, ma sono quasi sempre evidenti al momento della diagnosi; successivamente l’andamento è stabile ma in alcuni casi è stata documentata una progressione. 
Vengono identificate attraverso varie tecniche di neuroimaging sebbene l’esame diagnostico più specifico sia rappresentato dalla tomografia computerizzata (TC) dell’encefalo. Altre metodiche sono:
-    L’ecografia cerebrale. Essa mostra un alto tasso di concordanza con la TC encefalo ed è particolarmente utile nei neonati/lattanti, nel periodo in cui la fontanella anteriore è ancora pervia. 
    Il limite è la bassa specificità in quanto l’ecografia non permette con precisione di distinguere una calcificazione da altre aree molto iperecogene come ad esempio un’emorragia, edema, infezione o infiammazione. 
-    La risonanza magnetica (RM) dell’encefalo con utilizzo di sequenze T2* pesate e gradient eco che aumentano la sensibilità alla identificazione delle calcificazioni senza tuttavia raggiungere i livelli della TC encefalo in quanto segnali positivi al gradient eco possono anche derivare da depositi di ferro o da emorragie. Per ovviare a questo problema è stata introdotta una nuova tecnica di 3D gradient eco (susceptibility-weighted imaging, SWI) che, avendo un’elevata risoluzione spaziale, permette di identificare le calcificazioni con la stessa precisione della TC. 
È molto importante sottolineare che in presenza di un quadro clinico suggestivo di AGS, le calcificazioni sono un segno diagnostico molto evocatore e vanno quindi attentamente ricercate, con opportune tecniche di neuroimmagini, in tutti i casi di leucoencefalopatia senza diagnosi. Contemporaneamente è bene tener presente che, almeno all’esordio della sintomatologia, le calcificazioni non dovrebbero essere considerate un prerequisito indispensabile per la diagnosi potendo queste comparire anche in epoche successive.
Un altro elemento tipico della Sindrome è la presenza in più del 90% dei casi di alterazioni della sostanza bianca (leucodistrofia). In genere tali alterazioni sono diffuse, confluenti e simmetriche e talvolta mostrano una tendenza alla degenerazione cistica. Si localizzano principalmente nelle aree periventricolari e nella sostanza bianca profonda e sottocorticale, a volte in modo diffuso, a volte con una distribuzione antero-posteriore. 
Tali alterazioni appaiono come ipodensità alla TC encefalo e come aree iperintense nelle sequenze T2 pesate alla RM encefalo.
L’atrofia cerebrale è il terzo elemento neuroradiologico caratteristico della Sindrome, evidente nella stragrande maggioranza dei casi (circa 92% dei casi descritti in letteratura). Essa rimane stabile o tende a presentare una progressione nei casi rivalutati a distanza di tempo. Si localizza principalmente nei lobi frontali e/o temporali talvolta assumendo un aspetto caratteristico di pattern girale semplificato; spesso anche il tronco dell’encefalo, il cervelletto, i gangli della base e il corpo calloso possono essere atrofici. L’atrofia è conseguenza delle alterazioni e della perdita di sostanza bianca e non coinvolge, di solito, la corteccia cerebrale.
    
Oltre alla classica triade neuroradiologica sono stati segnalati quadri di vasculopatia cerebrale: esclusivamente nei soggetti con mutazione nel gene SAMHD1/AGS5 possono presentarsi episodi di stroke dovuti a stenosi delle arterie cerebrali, che a volte assumono le caratteristiche simili alla sindrome di Moyamoya (vasculopatia occlusiva con formazione di circoli collaterali compensatori) e/o ad aneurismi intracerebrali. Altri eventi vascolari sono stati segnalati in rari pazienti con mutazioni nel gene TREX1/AGS1: trombosi dei vasi perforanti in un bambino con sindrome da anticorpi antifosolipidi ed emorragia cerebrale in un altro, senza anomalie vascolari evidenziate in precedenza.
Nei soggetti con mutazione del gene ADAR1/AGS6 il pattern neuroradiologico caratteristico è la necrosi striatale bilaterale cioè la presenza di una lesione piuttosto selettiva, bilaterale e simmetrica a livello delle strutture cerebrali definite gangli della base (corpo striato – caudato e putamen – e meno frequentemente globo pallido). Può insorgere in epoche variabili, anche successive al primo anno di vita, e si caratterizza per un rigonfiamento delle strutture interessate nella fase acuta seguito da una perdita di volume nelle fasi successive;  entrambi gli aspetti sono ben evidenziabili già alla TC, ma molto più adeguatamente con la RM encefalo. 


Liquor cefalorachidiano

L’analisi del liquor cefalorachidiano è utile per la diagnosi in quanto rivela anomalie tipiche della Sindrome: in particolare la linfocitosi liquorale (aumento dei globuli bianchi liquorali, con valori variabili nei diversi soggetti, compresi tra 5 e 100 cell/mm3) e l’aumento di IFNα (>2 UI/ml); quest’ultimo è riscontrato anche nel siero, seppur in maniera incostante e con valori assoluti inferiori a quelli misurati nel liquor (quindi con un valore diagnostico meno specifico). Sia la linfocitosi che l’aumento di IFNα liquorali sono molto evidenti all’esordio della patologia, quindi nel corso del primo anno di vita, e tendono a diminuire gradualmente nel tempo e, nella maggior parte dei casi, a normalizzarsi tra i 3 e i 4 anni. 
A partire dal 2003 sono state inoltre descritte alterazioni di particolari metaboliti liquorali ed in particolare un aumento delle pterine ed una riduzione dei folati. L’aumento delle neopterine liquorali è successivamente stato confermato in molti pazienti con AGS ed attualmente è considerato un ulteriore marker della malattia, probabilmente conseguenza della produzione aumentata di IFNα.


Firma dell’interferone

Recentemente è stato dimostrato come, nel sangue periferico di pazienti affetti da AGS, il livello di trascrizione di alcuni geni stimolati dall’IFNα (interferon-stimulated genes) sia aumentato e rimanga tale per un periodo di tempo prolungato, superiore rispetto a quello dell’aumento dell’interferone liquorale. 
Tale incremento di espressione dei geni regolati dall’interferone viene denominato “firma dell’interferone” ed assume un valore di marker biologico di malattia importante: sia perché facilmente misurabile con metodologie poco invasive, quali un semplice prelievo ematico, sia perché rimane elevato per molti anni, quando appunto il livello liquorale di interferone si è già normalizzato e la fase di “attività” clinicamente evidente della malattia è stata superata. È importante sottolineare che la firma dell’interferone è positiva nella stragrande maggioranza dei pazienti con mutazioni nei geni AGS1 e AGS 3-7 mentre risulta negativa in almeno il 25% dei soggetti con mutazioni in AGS2/RNASEH2B, per cui la sua assenza non esclude la diagnosi.